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PLATOON Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 9 aprile 1987
 
di Oliver Stone, con Tom Berenger, Willem Dafoe, Charlie Sheen, Johnny Depp (Stati Uniti, 1986)
 
Il successo di PLATOON, di pubblico ma anche di critica, viene in parte dal fatto che è descritto come un film "vero". Vero, e di conseguenza sincero. Lui c'è stato veramente, nel Vietnam, si dice: e quindi, una volta di più, PLATOONè indicato come il film definitivo sul Grande Evento Traumatico, come l'ennesimo avvenimento destinato a lavare le coscienze eccetera. Di colpo, di tutto il cinema che si è fatto in precedenza sul Vietnam, si parla come di noccioline. I reduci stupratori de I VISITATORI di Kazan, gli spostati di WHO'LL STOP THE RAIN di Reisz (un film del quale ci si dimentica di spesso), le notti di Scorsese in TAXI DRIVER o il ballo wagneriano degli elicotteri di Coppola in APOCALYPSE NOW sono da relegare fra i divertissement metafisici.

Come diceva John Ford a proposito probabilmente dei suoi indiani: "Se la leggenda è più bella della realtà, allora mostriamo la leggenda ". Per dire che quando Francis Coppola ci mostra le conigliette di Playboy che ballano per i marines nella giungla non resta certamente in superficie delle cose: al contrario, usando lo Spettacolo, mostrando un aspetto anche paradossale e apparentemente marginale del dramma, egli opera in profondità.Il discorso di Coppola è "sul" Vietnam: mostrando la guerra come una tragica coreografia APOCALYPSE NOW diventa una riflessione filosofica sull'American way of Life. Su un'altra guerra quotidiana, che ci vede tutti partecipi, fatta di violenze nei confronti della natura, della razza, della cultura.

PLATOON è invece un film "dalla" guerra: com'erano quelli di Sam Fuller girati sulla seconda guerra mondiale. Un film di reduci, di sopravvissuti. La forza di PLATOON è di essere realizzato, come quelli, con perfetta coerenza stilistica. Se Coppola era grande perché usava lo spettacolo, il merito di Stone è quello di saper resistere allo spettacolo. Tutto all'opposto del protagonismo alla Rambo, la sua vicenda (che è quella, tradizionale del gruppo d'uomini abbandonati al loro destino e confrontati ad un nemico superiore) è condotta con una discrezione esemplare.

Espressivamente simile, il discorso di Stone è naturalmente (proprio perché, nel frattempo, c'è stato il Vietnam...) opposto a quelli dei film di guerra della tradizione: quelli ci dicevano che morire in quelle condizioni era da eroe, e per una causa giusta (il nazismo). Questi, firmati da uno che ci credeva prima di andarci, che morirci, ed ancor peggio sopravviverci era non solo assurdo, ma criminale. Ed ecco quindi che lo stile di Stone tende non tanto a farci identificare in un protagonista (con il rischio di eroicizzarlo), ma in una situazione. L'uomo è immerso nella natura ostile e asfissiante della giungla: come una larva condannata a strisciare in eterno lo vediamo supino nel fango, attorniato dagli elementi più ributtanti della natura. Abbandonati a loro stessi come nei vecchi film di Sam Fuller, i marines di Stone non diventeranno mai degli eroi da ricoprire di medaglie: come formiche lobotomizzate regrediranno sul cammino dell'omicidio legalizzato, fino ad ammazzarsi fra di loro.

Ma PLATOON, intelligentemente, non si attarda a questa rappresentazione: ma a mostrarci ciò che vede l'individuo. Le sequenze più interessanti del film sono quelle che ci mostrano il Vuoto. La giungla, vuota: al punto che pensiamo di sbagliarci, di non riuscire a scorgere il Nemico, in quell'intrico di forme più o meno distinguibili. La guerra, il pericolo, il terrore, la morte sono costantemente presenti in PLATOON, ma spesso invisibili: una presenza latente, angosciosa perché fisicamente percettibile, ma negata alla nostra visione. E, soprattutto, alla nostra comprensione.

Perché la forza del film è proprio in questa fuga dalla conoscenza: i soldati si drogano, la notte sotto le tende. E finiscono, sempre più coscientemente ad uccidersi fra di loro. Il nemico non esiste. Il nemico, come dice il film alla fine, è dentro di noi: in quell'impossibilità di "vedere", che in un film è sempre impossibilità di sapere e di comprendere sta il vero realismo di PLATOON. La testimonianza di uno che all'inferno ci è stato per davvero. Ma che ci parla, più che delle fiamme, del demonio.


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